Parliamo di DSA e BES
Disturbi specifici con capacità cognitive adeguate
L’acronimo DSA indica Disturbi Specifici di Apprendimento e riguarda, in presenza di adeguata scolarità, la mancata automatizzazione di processi sottesi alla lettura, alla scrittura o al calcolo. «Si manifesta in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali» (L.170/2010, art. 1, comma 1).
I DSA, identificati a partire dagli anni ’90, sono quattro:
– dislessia, difficoltà «nella rapidità e nella velocità di lettura»;
– disgrafia, «disturbo specifico in scrittura che si manifesta in difficoltà della realizzazione grafica»;
– disortografia, che intacca «i processi linguistici di transcodifica» sempre della scrittura;
– discalculia, «difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione del numero».
(L.170/2010, art.1 , commi 2-5).
Sono compromesse anche funzioni come la memoria di lavoro e la velocità di processamento di nuove informazioni; il tutto diventa motivo di disagio dell’alunno, attenzione e fatica dell’insegnante, preoccupazione per i genitori. Diverse le evoluzioni: lieve gravità, precocità della diagnosi, trattamenti tempestivi e attivazione di strategie di studio personalizzate permettono di ridurne l’impatto e migliorarne la gestione, seppur sempre in presenza di disturbi persistenti (Stella, Grandi, 2011).
La ricerca di trattamenti efficaci attualmente si orienta anche verso stimoli diretti al cervello; in particolare la “stimolazione transcranica a corrente continua” sembra incrementare la velocità di lettura (Carcer, Antonietti, 2017).
L’incidenza statistica
In base ai dati del Miur nell’anno scolastico 2016-2017 gli alunni presenti nelle scuole italiane di ogni ordine e grado con una diagnosi di DSA sono stati il 2,9% del totale della popolazione studentesca (Miur 2018). L’Associazione Italiana Dislessia (AID) ha rielaborato questi dati escludendo gli allievi della scuola dell’infanzia e dei primi 2 anni di primaria che non possono avere ancora tale diagnosi (possibile a partire dalla fine della classe II primaria per la letto-scrittura e dal termine della III per la discalculia) e così la percentuale è salita al 4,2%. Diversa l’incisività entro i singoli ordini scolastici: dal 3,2% della primaria al 5,4 % nelle secondarie di I grado e 4% in quelle di II.
Il disturbo maggiormente diffuso è risultato essere la dislessia, presente nel 42% delle diagnosi, seguito dalla disortografia al 20%; la discalculia si è situata al 19%; la disgrafia al 17%. Questi dati hanno riguardato sia i disturbi “puri”, a differenti livelli di gravità, sia i molteplici quadri di quelli associati che hanno confermato un’ampia eterogeneità di situazioni, di caratteristiche e di bisogni (AID 2018).
DSA: norme e leggi di riferimento
Durante gli anni duemila una serie di note ministeriali (5 ottobre 2004, 5 gennaio 2005, 10 maggio 2007) ha proposto misure a supporto di questi deficit specifici raggruppabili in due differenti tipologie:
compensative, ovvero strumenti, modalità didattiche e ausili in grado di supportare le funzioni inficiate (tabelle di mesi, alfabeto, tavola pitagorica, calcolatrice, registratore, videoscrittura e sintesi vocale);
dispensative, mirate a esonerare da attività inutilmente penalizzanti (lettura ad alta voce, scrittura sotto dettatura, uso del vocabolario, studio mnemonico delle tabelline).
Si davano inoltre indicazioni per le verifiche e le valutazioni e un’attenzione particolare alle lingue straniere.
Nel tempo la questione dei DSA è apparsa più complessa della semplice introduzione di qualche misura dispensativa e compensativa e con la legge 170/2010 viene sancito il dovere di favorire il successo scolastico degli allievi, ridurre i disagi relazionali ed emozionali, «assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale» (Art. 1, comma 1).
Le successive Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento del 12 luglio 2011 danno attuazione ai principi sanciti dalla legge 170/2010. Definiscono, tra l’altro, la predisposizione, entro il primo trimestre dell’anno scolastico, di un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che specifichi misure compensative, dispensative, attenzioni nei processi di insegnamento/apprendimento e modalità di verifica, il tutto condiviso con alunni e famiglie. Precisano, inoltre, che la didattica debba essere individualizzata, intesa come attività per il recupero e il potenziamento con obiettivi comuni alla classe, e personalizzata, attenta alle peculiarità e unicità di ciascuno come gli stili di apprendimento con obiettivi diversi per ogni alunno.
Le problematiche emotive…
La presenza di disturbi specifici ha delle ricadute importanti sul piano emotivo e comportamentale, soprattutto se la diagnosi arriva tardivamente durante le scuole secondarie. Il confronto, spesso deludente, con le aspettative proprie, familiari e con le performance dei compagni, anche rapportate al grado di fatica, genera sentimenti di insicurezza e demotivazione che a loro volta interferiscono nell’immagine di sé (Guaraldi, Moretti Fantera, Pedroni, 2011).
Un aiuto può essere fornito attivando gruppi di studio per studenti con DSA che potenzino strategie cognitive e metacognitive mirate a ottimizzare i processi di apprendimento (Frisio et al, 2010) e diano la possibilità di socializzare i vissuti, di uscire dalla «solitudine del ragazzo che non capisce, perso in un mondo in cui gli altri capiscono» per usare le parole di Pennac (2008, p.11).
… e alcuni suggerimenti per affrontarle in classe
Proponiamo di seguito alcuni video inerenti al tema che, previo assenso degli interessati, si potrebbero proiettare e discutere in classe.
Il primo in ordine di tempo, ormai datato ma sempre valido, è Come può essere così difficile. In esso, attraverso esercizi ad hoc e role playing, lo spettatore viene guidato per circa un’ora in esperienze coinvolgenti seguite da delucidazioni che fanno ben comprendere i diversi bisogni.
Negli ultimi anni molti ragazzi affetti da DSA hanno dato vita a opere letterarie, teatrali o riprese video in cui le testimonianze dei loro diversi percorsi scolastici, faticosi ma spesso coronati da successi, possono fornire modelli per l’identificazione personale, al fine di stimolare la ricerca di modalità di gestione dei propri apprendimenti e valorizzare didattiche inclusive operate dai docenti.
Troviamo tra questi il libro autobiografico Il demone bianco di Giacomo Cutrera, che racconta la sua storia di alunno dislessico con diagnosi tardiva, il suo rapporto con lo studio e i docenti durante le scuole secondarie e il successivo percorso universitario (il testo è presente sul web con audiolettura integrale).
Una carrellata di interviste in forma di videotestimonianze è presentata in Come una macchia di cioccolato, in cui dopo una sintetica spiegazione preliminare in lingua inglese dei disturbi, gli studenti raccontano ciascuno la propria storia alternandosi rispetto alle caratteristiche personali, al rapporto con i docenti, la famiglia, via via componendo un suggestivo quadro in cui si sommano impronte di mani colorate.
Infine in ambito teatrale ha molto successo il monologo DiSlessiaA… Dove sei Albert?, di Francesco Riva (il trailer e le prossime tappe dello spettacolo sono disponibili al suo sito Dislessia Francesco Riva).
BES: i bisogni speciali
Il Miur nel 2012 emana una circolare che, riprendendo la letteratura anglofona che da tempo parlava di “Special Needs”, propone la codifica di alunni con Bisogni Educativi Speciali comprendendo tre categorie:
– gli allievi con disabilità, supportati dagli insegnanti di sostegno e che usufruiscono di un Piano Educativo Individualizzato (PEI);
– gli allievi con DSA e diagnosi affini;
– gli alunni in situazione di svantaggio socioculturale e/o linguistico.
La stesura dei PDP viene dunque estesa a un numero più ampio di soggetti, anche non certificati, in base alla valutazione fatta dalla scuola sui singoli bisogni (Direttiva 27 dicembre 2012 e CM 6 marzo 2013).
Le classi risultano oggi caratterizzate da grande eterogeneità, alunni certificati o meno, con problematiche stabili o temporanee, che richiedono la progettazione di didattiche inclusive in grado di raggiungere tutti (d’Alonzo, 2017).
Per gli alunni con DSA e BES rimane la necessità di supporti specifici alla lettura, alla scrittura con particolare attenzione nelle fasi valutative.